Radici e ponti

Nell’udienza di mercoledì, 3 maggio u.s., papa Francesco ripercorre quanto vissuto nel suo ultimo viaggio apostolico in Ungheria e lo riassume in due immagini molto evocative: le radici e i ponti.

 

 

 

 

 

 

«Le solide radici cristiane del popolo ungherese sono state messe alla prova. Durante la persecuzione ateista del ‘900, infatti, i cristiani sono stati colpiti violentemente. E mentre si tentava di tagliare l’albero della fede, le radici sono rimaste intatte: è restata una Chiesa nascosta, ma viva, forte, con la forza del Vangelo». 

Oggi l’Europa non è segnata da persecuzioni religiose, nessuno sta costringendo i cristiani a rinnegare la loro fede e la loro appartenenza. L’aria che respiriamo però è carica di «un consumismo che anestetizza, per cui ci si accontenta di un po’ di benessere materiale e, dimentichi del passato, si “galleggia” in un presente fatto a misura d’individuo. Ma quando l’unica cosa che conta è pensare a sé e fare quel che pare e piace, le radici soffocano». 

Vediamo le nostre chiese sempre più vuote, i giovani sempre più distanti dalla Chiesa, i nostri istituti invecchiare inesorabilmente. L’albero ecclesiale si trova a vivere un tempo faticoso, una lunga stagione invernale che lo sta mettendo a dura prova. La linfa vitale sembra non circolare più, vediamo molti rami secchi e spogli, poche foglie verdi, pochi fiori e pochi frutti. Davvero le radici soffocano! I motivi sono molteplici e complessi, ma è inevitabile chiedersi se questo declino sia il segno che tutto è finito. Potrebbe anche essere così, almeno in Europa, ma il richiamo di papa Francesco è un’indicazione forte su dove siamo chiamati a concentrarci: sulle radici, che sono la parte più nascosta dell’albero, quella meno in vista, ma da cui dipende il resto. «Riflettiamo sull’importanza di custodire le radici, perché solo andando in profondità i rami cresceranno verso l’alto e produrranno frutti. Quali sono le radici più importanti della mia vita? Dove sono radicato? Ne faccio memoria, me ne prendo cura?».

Il sinodo sulla sinodalità è ancora in corso ed è occasione preziosa per dar risposta a queste domande non solo singolarmente, ma anche come Chiesa. È tempo di radicalità, che non è sinonimo di estremismo o intransigenza ma di riscoperta delle radici profonde che permettono di andare ad attingere il nutrimento vitale anche in tempi di crisi:

Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia.

È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi,
nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti.

«Dopo le radici ecco la seconda immagine: i ponti. Budapest, è celebre per i ponti che la attraversano e ne uniscono le parti. Ciò ha richiamato l’importanza di costruire ponti di pace tra popoli diversi, per includere le differenze e accogliere chi bussa».

Anche la Chiesa è «chiamata a tendere ponti verso l’uomo d’oggi, perché l’annuncio di Cristo non può consistere solo nella ripetizione del passato, ma ha sempre bisogno di essere aggiornato». Sono necessari ponti per uscire da una visione clericale della Chiesa, che aiutino a eliminare la separazione del clero dal resto dei fedeli, ponti che siano reali punti di incontro e di passaggio libero per tutti, ponti teologici che permettano di rivedere la forma piramidale e gerarchica che è venuta strutturandosi nel corso dei secoli ma che forse non esprime la radice evangelica della Chiesa che aveva in mente Gesù. Se l’annuncio di Cristo ha bisogno sempre di essere aggiornato, è tempo di leggere i segni dei tempi. Stanno parlando. E se non li ascolteremo, noi cristiani rimarremo isolati dal resto degli uomini e delle donne di buona volontà.

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