È tutto inutile

Dopo la testimonianza dei martiri, è la volta di quella dei monaci e delle monache. Nell’ultima catechesi papa Francesco li definisce sorelle e fratelli che «rinunciano al mondo per imitare Gesù sulla via della povertà, della castità e dell’obbedienza e per intercedere a favore di tutti. Il cuore dei monaci e delle monache è un cuore che prende come un’antenna, prende cosa succede nel mondo e prega e intercede per questo». 

In un mondo (e anche una chiesa?) ossessionato dalla performance, in cui chi vuole avere successo deve sottostare all’imperativo di mostrarsi sempre impegnato e indaffarato, in una società (e una chiesa?) che esalta l’attivismo, la vita di questi uomini e donne è una provocazione, un pugno nello stomaco. Guardare a loro, immobili e stabili come alberi e recettivi come antenne, costringe in qualche modo a chiederci dove e perché stiamo correndo. La catechesi di Francesco prosegue chiedendo: «Come può della gente che vive in monastero aiutare l’annuncio del Vangelo? Non farebbero meglio a impiegare le loro energie nella missione? Uscendo e predicando il Vangelo fuori dal monastero?». A cosa serve una vita dedicata alla preghiera e all’intercessione?

Forse sarebbe opportuno smettere di chiedersi «a cosa serve?», «a cosa servo?» e iniziare ad essere. Questo ci dicono i monaci e le monache con la loro esistenza. Le parole di Santa Teresina di Lisieux, monaca di clausura e patrona delle missioni, lo ribadiscono: «Capii che solo l’amore spinge all’azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunciato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni».  Amare è il primo e unico comandamento che ci ha lasciato Gesù. Troppo spesso siamo preoccupati del cosa fare e non del come amare. I nostri esami di coscienza sono sulle cose fatte o non fatte, ma amare appartiene a una sfera più segreta, più intima. Certo, contano anche le azioni, perché l’amore per sua natura diventa gesto. Ma non sempre i gesti, le azioni e le giornate sono abitate dall’amore. È bello sapere che c’è «gente che lavora e prega in silenzio, per tutta la Chiesa. E questo è l’amore: è l’amore che si esprime pregando per la Chiesa, lavorando per la Chiesa, nei monasteri». Adriana Zarri sosteneva che «la preghiera è la contestazione più profonda di questo nostro mondo utilitario, in quanto mette in crisi il modello efficientistico, privo di quegli spazi di fantasia, di poesia, di gratuità su cui si innesta appunto la preghiera». Il teologo Karl Rahner ebbe a dire che «il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà». Un’impresa che appare ardua da realizzare in un mondo dove la fretta e la rincorsa al tempo ci stringono in una morsa quasi letale. Lasciamoci aiutare da «questa “riserva” – i monaci e le monache – che noi abbiamo nella Chiesa: sono la vera forza che porta avanti il popolo di Dio». 

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