Vincenzo Grossi: un prete… samaritano per la sua gente

Papa Francesco nell’omelia per la proclamazione di Vincenzo Grossi santo ha riassunto in tre righe la sua figura e la sua opera. Poiché le parole del papa devono essere immediatamente comprensibili agli ascoltatori e chiare nel loro intendimento, anche questa volta ha fatto centro, quando, riferendosi a don Vincenzo ha usato l’espressione: «Divenne buon samaritano…»

A Vincenzo Grossi in altre sedi e diverse circostanze è stato attribuito il titolo di buon pastore, maestro, guida, servo buono, padre… ma ecco ora un inedito: buon samaritano!

Questa espressione spinge a cercare tra gli aneddoti della sua vita quelli che raccontano le numerose opere di misericordia che ha compiuto, qualche gesto esemplare di generosità, la sua prodigalità eccessiva…cioè qualcosa da fuori serie.

Siamo sulla strada sbagliata! La strada del samaritano non era fiancheggiata da riflettori, da giornalisti in cerca di   scoop, ma era una strada dove vi scorreva la vita normale, dei sacerdoti, dei distratti e degli uomini veri.

Il buon samaritano del vangelo, a cui secondo papa Francesco don Vincenzo assomiglia, era un passante di rientro da un viaggio, con un lavoro che urgeva altrove la sua presenza, non apparteneva ad un gruppo impegnato, non era particolarmente praticante, era semplicemente un uomo normale. Una normalità, però, ripiena di un sentimento  umano, la compassione, che gli ha fatto fare ciò che una persona comune farebbe: prestare soccorso al malcapitato.

Don Vincenzo, nel corso della sua vita, ha compiuto quello che è normale che faccia un sacerdote in cura d’anime: si è preso cura di chi si avvicinava a lui, e di chi lui avvicinava. Non ha risolto alla radice problemi sociali o economici o di religione, ma ha aiutato le singole persone, come le sue risorse gli concedevano. A ragione alcuni testimoni non volevano che si avviassero i processi di canonizzazione a suo favore! «Troppo umano, questo prete, troppo normale! Non ha fatto nulla che possa farlo ritenere un santo!», dicevano.

Eppure Gesù quando chiede ai suoi ascoltatori chi dei tre, passati davanti al ferito, è stato prossimo, si sente rispondere «quello che ha avuto compassione», quello cioè che ha lasciato libero corso alle sue emozioni davanti a un poveraccio e ha fatto ciò che era nelle sue possibilità.

Noi, in san Vincenzo Grossi, abbiamo sempre cercato l’eccellenza della virtù praticata, ammirato l’imperturbabilità della persona, apprezzato l’eroismo della generosità…in un certo senso abbiamo messo l’aureola ad ogni suo gesto. Ma, i suoi, erano gesti semplicemente umani, con una peculiarità: erano ad immagine di chi lo aveva fatto a sua immagine, di Dio.

Allora, sì, Don Vincenzo è stato un samaritano, un prete samaritano, perché ha provato compassione per la sua gente, verso cui si è interessato, presso cui si è intrattenuto e di cui si è preso cura. Le sue immagini che veneriamo, purtroppo non lasciano trapelare alcuna emozione, alcun sentimento. Colpa degli artisti? Forse. Ma noi, sue figlie nello spirito, possiamo guardarlo cercando non il santo distaccato e già rivolto al cielo, ma l’uomo buono che è stato, il prete con le tante sue caratteristiche umane prima che soprannaturali. Liberiamo la sua vicenda umana da quell’alone di santità da manuale, e godiamo a nostra volta della sua umanità oggi sovrabbondante, perché è in Dio.

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