Ledovina Scaglioni, la «madre»

C’è una memoria storica, giuridica, affettiva che mantiene vivo, dopo la loro morte, il ricordo di alcune persone, ma c’è anche una memoria spirituale che supera il tempo e continua a vivere nella vita di altri.

In questo 61mo anniversario della morte di madre Ledovina Scaglioni, ci poniamo nella prospettiva di tale memoria spirituale per raccogliere qualche suggestione.

La storia l’ha chiamata prima «signora», poi «maestra», quindi «direttrice», persino «cofondatrice», ma nella nostra tradizione è sempre stata la «madre» per antonomasia, per eccellenza. Questo titolo non è dipeso dal suo tratto, in particolare dalla sua affabilità, comprensione e bontà, qualità che sono emerse con l’avanzare degli anni, perché anzi nei primi tempi di governo, lei stessa riferisce in alcune lettere, di aver incontrato con le suore difficoltà, incomprensioni, resistenze e persino rifiuti. Al di là delle circostanze concrete a partire dalle quali abbiamo incominciato a chiamarla e soprattutto a considerarla «madre», lo è diventata di fatto nel momento in cui ha assunto il governo dell’Istituto, perché lo ha accolto non come se dovesse organizzare e incrementare una associazione, ma per farsene carico come succede in una famiglia, nella quale ci si prende a cuore ogni membro e tutti i membri.

Eccola allora attenta, anziché alla captatio benevolentia, a curare le relazioni fraterne nelle comunità prima dell’efficienza apostolica, a favorire l’acquisizione delle virtù «religiose» le uniche in grado a fare la differenza tra le «buone donne» e le consacrate, insieme ad una «vita interiore» che le collocasse, a pieno titolo, nel cuore della Chiesa.

È soprattutto la spiritualità oblativa che la vede nel ruolo di «madre», perché la diffonde largamente nell’istituto e la alimenta, istillandola gradualmente, proporzionatamente. Infatti questa iniziazione alla spiritualità oblativa (anime vittime) è stata dapprima molto capillare, per far emergere quella che lei intuiva, insieme al fondatore, essere l’identità carismatica. E poi ha lasciato che questo seme crescesse e si moltiplicasse sotto l’azione dello Spirito, custodendolo, per quanto toccava a lei, e proteggendolo fosse anche solo dalla superficialità.

Madre Ledovina riservava a sé l’accompagnamento personalizzato delle singole suore che intendevano vivere la vocazione a essere «vittime», ma non abbandonava la sensibilizzazione di tutte le altre. Come una madre attenta e avveduta avviava tutte nel cammino spirituale della oblatività che vedeva identificativo per l’Istituto, lo caldeggiava, lo motivava ma della sua forma più alta, cioè dell’offerta di vittime, non ne ha fatto una regola. Sapeva che l’azione dello Spirito non può essere costretta dentro dei canoni e dei codici: lo Spirito, per sua natura, genera, suscita, guida…ed è sempre imprevedibile.

Ledovina Scaglioni, possiamo chiamarla «madre» a pieno titolo a prescindere dal suo «maternage», perché ci ha generate nello spirito dell’Istituto.  

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