Chiesa: una comunità di donne e di uomini

Femminismo, quote rosa, patriarcato, parità di genere, questione femminile, emancipazione della donna… sono solo alcune delle tante espressioni che sono entrate a far parte del nostro linguaggio e che indicano che c’è ancora qualcosa di non risolto per quanto riguarda il rapporto tra uomini e donne, qualcosa che ha bisogno di essere portato a tema e riconosciuto, dentro e fuori la Chiesa. Molto è stato fatto, detto e ottenuto dalle e per le donne, ma il cammino per una loro reale presenza non discriminata nella società non può dirsi concluso.

Un certo tipo di informazione racconta che le donne hanno ormai conquistato tutti i diritti e occupato tutti gli ambiti che fino a poco tempo fa erano loro preclusi. Ma se guardiamo bene, senza fermarci solo ai numeri, nei posti che contano non ci sono quasi mai. Politica, informazione, scienza, cultura, lavoro, ricerca: non si può dire che le donne siano assenti, ma la realtà dice che sono ancora poco ascoltate – e quasi mai nei luoghi decisionali.

Se restringiamo il campo e ci fermiamo ad osservare la situazione all’interno della Chiesa, le cose non vanno diversamente. Anche in ambito ecclesiale c’è ancora una certa resistenza al sogno di comunità realmente aperte alle differenze. Nonostante siano stati fatti passi importanti e significativi – grazie anche alle scelte di papa Francesco – non si possono dire già superati secoli di immobilità maschile sull’immaginario femminile. A questo riguardo, interessante è la posizione di Lucia Vantini, attuale presidente del Coordinamento delle Teologhe Italiane (https://www.teologhe.org/), che aiuta ad andare oltre la rivendicazione fine a se stessa e pone il discorso in un’ottica allargata, che coinvolge tutti: «All’interno della Chiesa non esiste una “questione femminile”. All’interno della Chiesa, piuttosto, esistono le donne. Quando degli esseri reali diventano “una questione” non è mai un buon segno: è il sintomo di una distanza, di un incontro mancato con loro. Nella Chiesa c’è una “questione femminile” tanto quanto c’è una “questione maschile” che porta a chiedere: gli uomini sanno incontrare le storie, le parole e le teologie delle donne? Infatti, le donne non sono senza voce e hanno qualcosa di importante da dire. È piuttosto la sordità dei luoghi che andrebbe interrogata. Il problema non è quello della debolezza delle voci che avrebbero bisogno di un rinforzo, ma è piuttosto quello della sordità dei contesti».

Dunque, le donne ci sono, con voce propria accanto ad altre voci, con la loro forza e autorevolezza, spesso però innestate in un contesto che non le fa sentire all’altezza e inibisce la loro soggettualità. Se è vero che il Concilio Vaticano II ha aperto le porte a una ecclesiologia di comunione, che ribadisce che nel battesimo siamo tutti partecipi del carisma profetico, regale e sacerdotale di Cristo e che tutti ci ritroviamo nella comune vocazione alla santità, è altrettanto vero che la cultura e le strutture patriarcali presenti nella Chiesa, costringono le donne a fare i conti con elementi di distorsione, tacitamento e strumentalizzazione di quanto loro vivono e offrono e le mettono in una condizione di marginalità e estromissione dai luoghi di discussione e di decisione. Per opposto, ma è solo l’altra faccia della medaglia patriarcale, vengono idealizzate, evocate come esseri quasi divini, muse ispiratrici silenti e in ombra, che con la loro forza sostengono il percorso luminoso degli uomini che hanno accanto. In altre parole: esseri troppo ideali per poter realmente intervenire nella storia.

Allora, se vogliamo che la sinodalità nella Chiesa non sia solo un ritornello da imparare a memoria ma diventi vita vissuta e stile incarnato, è necessario che tutti, uomini e donne, camminiamo insieme per portare alla luce quegli elementi che impediscono di incontrarci davvero per quello che siamo, nella nostra unicità e diversità. Occorre rimuovere quegli stereotipi di genere ancora presenti nelle nostre strutture sociali ed ecclesiali, non per dissolvere o uniformare il femminile e il maschile, ma per riconoscerci sorelle e fratelli, tutti bisognosi di uscire dai dualismi che ci separano e di riconoscerci figli di quel Dio che è sì padre e pastore, ma è anche madre, donna che spazza per terra fin quando non trova la dracma perduta.

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