«Scambiare le lenti per vedere con occhi diversi dai propri» (Sinodo 7)

Quando Young Caritas Lodi mi ha chiesto di partecipare all’incontro Giovani & Vescovi per il tavolo Intercultura

, a dire la verità non ho avuto alcuna esitazione. Da quando ho svolto il servizio civile presso la Caritas di Lodi e anche una volta concluso, sono sempre rimasta a stretto contatto con la realtà dei cosiddetti «più bisognosi». Io stessa, insieme alla mia famiglia, sono emigrata dalla Romania per venire qui in Italia e costruire un futuro migliore di quello che mi sarebbe spettato nel piccolo paesino disperso tra le colline dove sono nata. Io stessa ho fatto parte di quei «più bisognosi». Ecco perché l’Intercultura non può che essere un argomento a me più che caro.

Non nascondo che già dai primi istanti di incontro con gli altri giovani e con il vescovo di Lodi, mentre aspettavamo insieme il pullman proveniente da Codogno, che ci avrebbe portati a Milano, sentivo in me un particolare senso di importanza. Come se quello che eravamo in procinto di fare fosse la prima tappa di una missione, una grande missione, quella di togliere via la ruggine sedimentata per millenni nelle viscere della Chiesa. E questo senso di «importanza» non è cessato nemmeno quando mi sono ritrovata insieme ad altre centinaia di giovani lombardi tra le pareti altissime della cattedrale di Milano. Eppure, non è proprio di fronte a quello che consideriamo importante, imponente e quindi anche potente, che siamo soliti sentirci impotenti?

Giochi di parole a parte, credo che nei decenni si sia creata una distanza tra Chiesa e giovani, per via di una percezione distorta del potere ecclesiastico e del suo utilizzo improprio. Come se la Chiesa potesse dire e fare tutto quello che volesse, perché sotto la grazia di Dio, mentre i giovani qualsiasi cosa dicessero potesse essere utilizzata a loro sfavore. Questo incontro, invece, mi ha fatto capire che non è proprio così. Che la Chiesa ci vuole ascoltare e vuole cambiare e non ha paura di farlo. Il timore è più nostro, di non essere presi in considerazione, di pretendere «troppo», o l’impossibile. Invece essere ascoltati, confrontarci tra di noi e con un vescovo ci ha fatto sentire «visti», importanti, appunto. Questa giornata così diversa dal solito e così particolare mi ha fatto sentire bene, mi ha rincuorata, perché mi ha dato speranza sul futuro, mi ha fatto sentire che c’è un interessamento dall’ «alto» nei confronti del «basso» e che noi giovani non dobbiamo necessariamente essere un’entità a parte, separata dalla Chiesa. Anzi, credo che ci si possa aiutare e donare a vicenda, nel senso che ognuno può insegnare all’altro qualcosa, ci si può scambiare le lenti per vedere con occhi diversi dai propri, quelli a cui si è sempre stati abituati.

Interessarsi all’altro e ascoltare quello che ha da dire è un piccolo grande gesto d’amore e credo che non richieda poi questo sforzo immane e questo incontro ne è stato decisamente la dimostrazione.

Ingrid Doczi – Diocesi di Lodi

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