«Senza volere imporre le nostre cose» (Sinodo 2)

Papa Francesco sta sottolineando in ogni occasione che il tempo del sinodo dovrà essere innanzitutto il tempo dell’ascolto: «Questo itinerario è stato pensato come dinamismo di ascolto reciproco, condotto a tutti i livelli di Chiesa, coinvolgendo tutto il popolo di Dio. Il Cardinale vicario e i Vescovi ausiliari devono ascoltarsi, i preti devono ascoltarsi, i religiosi devono ascoltarsi, i laici devono ascoltarsi. E poi, inter-ascoltarsi tutti. Ascoltarsi; parlarsi e ascoltarsi. Non si tratta di raccogliere opinioni, no. Non è un’inchiesta, questa; si tratta di ascoltare lo Spirito Santo, come troviamo nel libro dell’Apocalisse: “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (2,7). Avere orecchi, ascoltare, è il primo impegno».

Nel Documento Preparatorio, al n. 9, viene ribadito che «la capacità di immaginare un futuro diverso per la Chiesa e per le sue istituzioni all’altezza della missione ricevuta dipende in larga parte dalla scelta di avviare processi di ascolto, dialogo e discernimento comunitario, a cui tutti e ciascuno possano partecipare e contribuire».

Ascoltare significa dirigere la propria attenzione verso l’altro, entrare nel suo ambito di interesse e nel suo sistema di riferimento. Per ascoltarsi davvero bisogna mettere da parte le letture ideologiche, del passato come del presente, e aver orecchi molto sensibili, liberi dalla tentazione di predeterminare i contenuti dell’ascolto. Ascoltare sul serio, «senza voler imporre le nostre cose», è la via che genera apertura verso l’altro, trasparenza e voglia di capire, capacità di resistere al voler dare subito risposte a domande che, a ben guardare, forse nessuno pone. Per dirla in termini biblici, possiamo fare riferimento alla parabola del seminatore: spesso noi donne e uomini «di Chiesa» tendiamo a pensarci come coloro che seminano o almeno cooperano con la semina di Gesù. Questo sinodo può essere il momento opportuno per cambiare visuale, per non pensarci più come chi semina o come chi coopera con la semina, quanto invece come ascoltatori impegnati a ricercare in chi si racconta i semi già piantati da Gesù o addirittura i loro frutti, per proteggerli e aiutarli a svilupparsi e a maturare.

Il n. 30 del Documento Preparatorio pone alcune domande che pongono l’attenzione sulla qualità del nostro ascolto. Lasciamoci interrogare:

L’ascolto è il primo passo, ma richiede di avere mente e cuore aperti, senza pregiudizi. Verso chi la nostra Chiesa particolare è «in debito di ascolto»? Come vengono ascoltati i laici, in particolare giovani e donne? Come integriamo il contributo di Consacrate e Consacrati? Che spazio ha la voce delle minoranze, degli scartati e degli esclusi? Riusciamo a identificare pregiudizi e stereotipi che ostacolano il nostro ascolto? Come ascoltiamo il contesto sociale e culturale in cui viviamo?

Papa Francesco ci ricorda di non rimanere all’interno dei confini ecclesiali, ma al contrario spalanca gli orizzonti e va oltre gli steccati di quelli che potremmo definire «i nostri ambienti»: «se la parrocchia è la casa di tutti nel quartiere, non un club esclusivo, mi raccomando: lasciate aperte porte e finestre, non vi limitate a prendere in considerazione solo chi frequenta o la pensa come voi – che saranno il 3, 4 o 5%, non di più. Permettete a tutti di entrare… Permettete a voi stessi di andare incontro e lasciarsi interrogare, che le loro domande siano le vostre domande, permettete di camminare insieme: lo Spirito vi condurrà, abbiate fiducia nello Spirito. Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo: è il dialogo della salvezza».

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