Piramide o cerchio? (Sinodo 1)

Tra pochi giorni prenderà il via la cosiddetta «fase diocesana» del sinodo voluto da papa Francesco che affronterà un tema importante per il futuro ecclesiale. Il titolo infatti è «Per una chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione».

Come sappiamo, gli ultimi sinodi sono stati sulla famiglia, sui giovani, sulla regione amazzonica. La Chiesa si è fatta domande su queste realtà, si è posta il problema di come annunciare il vangelo in questi ambiti, si è messa in ascolto delle gioie e delle difficoltà che incontrano sul loro cammino coloro che vivono in quella porzione di mondo.

Questa volta invece, la chiesa interroga se stessa, mette al centro la sua identità e tenterà di dare un cambio di passo al suo modo di procedere, riflettendo sulla sinodalità, il camminare insieme dell’intero popolo di Dio. La sinodalità – dice papa Francesco nel discorso ai fedeli della diocesi di Roma- esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione.

I sinodi sopracitati avevano già visto una partecipazione attiva delle comunità cristiane, chiamate ad esprimersi prima dell’incontro assembleare dei vescovi. Questa volta però il Sinodo non si celebrerà solo in Vaticano, ma in ciascuna Chiesa particolare, seguendo un itinerario triennale articolato in tre fasi, fatto di ascolto, discernimento, consultazione. Dunque, un passaggio da un sinodo non più evento puntuale da celebrare, ma inizio di un processo che vuole coinvolgere ogni membro della Chiesa. «Tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. Non è più protagonista il Papa, il Cardinale vicario, i Vescovi ausiliari; no: tutti siamo protagonisti, e nessuno può essere considerato una semplice comparsa»

Non si può nascondere che il modello di Chiesa da cui veniamo e che conosciamo è più di stile verticistico e centralizzato che sinodale. Si fa un gran ripetere che questa volta si deve partire «dal basso», che vivremo un processo che parte «dal basso» per coinvolgere il Santo Popolo di Dio nei nostri territori, nelle nostre Chiese. Sembrerebbero espressioni felici, che dicono il desiderio di partecipazione e di ascolto di tutti. Questo c’è, ma sono espressioni che mettono in luce anche che c’è qualcuno più in alto e qualcuno più in basso, qualcuno che dirige e qualcuno che esegue, qualcuno che è mittente e qualcuno che è destinatario di direttive e decisioni. Almeno in parte, fino ad ora è stato così. Papa Francesco ha intuito che probabilmente la vera riforma della Chiesa passa da questa cruna, come scritto in Evangelii Gaudium al n. 32: «Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale».

Siamo davanti a un’occasione preziosa per vivere l’esperienza reale del camminare insieme, per compiere il passaggio da una Chiesa piramidale a una chiesa circolare, che stigmatizzi certe derive che vedevano la gerarchia da una parte e i fedeli laici dall’altra, per ritrovarci come fratelli e sorelle che – in forza del battesimo – sono tutti sacerdoti, re e profeti, con pari dignità, tutti in un dinamismo di ascolto reciproco e del medesimo Spirito Santo.

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