Ottobre, mese missionario

Per quattro settimane la riflessione, la preghiera ed alcune iniziative pastorali vengono fatte convergere sul tema della missione ad gentes. Da un po’ di tempo però questo tema sembra essere in secondo piano rispetto ad altri, non ultimo, quest’anno, a quello del Sinodo. Non è dovuto ad una inflazione di sollecitazioni, per cui alla resa dei conti uno fa delle selezioni e il calo d’interesse sembra aver colpito la missione ad gentes, ma nasconde una verità un po’ più profonda.

L’evangelizzazione ad gentes è passata da attività esclusiva di alcuni Istituti missionari a responsabilità di tutto il popolo di Dio. Affermare che «tutti siamo missionari» ha tolto l’urgenza dell’«ad gentes», a cui si aggiunge un nuovo fenomeno, cioè, il flusso di nuovi missionari frutto della prima missione, verso il mondo occidentale, tradizionalmente culla di missionari.

Oggi le opere di promozione umana che hanno accompagnato per più di un secolo la presenza dei missionari con il relativo impegno economico non sono più il cuore della missione. È la testimonianza di una vita evangelica che garantisce credibilità alla missione, e si esprime attraverso una presenza umile e disarmata, più predisposta al dialogo; una presenza più sorella che maestra, anche di fronte alle religioni non cristiane, non più considerate come minaccia, ma necessarie interlocutrici della missione.

Ben venga la celebrazione del mese missionario!

Ci aiuta a crescere nella verità evangelica che non ci siamo «prima noi», che l’affermazione che abitiamo un villaggio globale non è uno slogan, che il Regno di Dio non appartiene in esclusiva ad un gruppo che si indentifica nel cristianesimo, ma soprattutto che «fino ai confini del mondo» non è un iperbole, ma la misura usata da Gesù, cioè non darsi dei limiti nel servizio e nel dono di sé.

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