L’Ubbidienza (Una parola…3)

Tra le virtù l’obbedienza è quella che può suscitare una reazione irritante perché spesso richiama una condotta assoggettata e servile, un agire obbligato: tutto incomprensibile per la mentalità contemporanea.

Il termine greco equivalente a obbedire è eupeitheia dal verbo peithomai che vuol dire «do retta», «mi fido», «mi lascio persuadere». Obbedire vuol dire, in primo luogo, prendere «sul serio» il discorso dell’altro, di più, l’altro in se stesso. «Dare ascolto» è diverso che ascoltare, è assumere le parole dell’altro come potenzialmente normative per sé. In questo senso l’obbedire è un dipendere. Ma l’obbedienza, oltre a essere dipendenza, è scelta: la si dà. Nella tradizione monacale classica, l’abate a cui si dava obbedienza lo si sceglieva.

Obbedire significa sentirsi parte, divenire «responsabili». Obbedire è moderare la propria autosufficienza, cioè limitare il diritto di presunzione. (Salvatore Natoli)

San Vincenzo Grossi precisa: «Aggiungo che non vi è virtù di così quotidiano esercizio come l’ubbidienza. Non parlo solo dei religiosi e religiose, ma di tutti noi in generale. Come tutti abbiamo dei superiori, così tutti abbiamo dei precetti da eseguire, i quali precetti sono di esecuzione giornaliera, continua, incessante. Quand’è che non abbiamo qualche comando da eseguire? Ubbidendo, lo farete di buonissima voglia poiché conoscerete che voi fate un’opera supremamente bella, grandemente utile, e la compirete nei modi convenienti. Quando Gesù Cristo apparve a S. Paolo e lo convertì, poteva Egli stesso dirgli ciò che voleva; ma no, solamente gli disse: “Entra nella città e va a trovare Anania, ed esso ti dirà che cosa hai da fare”. Aggiungasi di più, che la persona sta più sicura di fare la volontà di Dio ubbidendo ai Superiori, che se le comparisse e le parlasse Gesù Cristo stesso. La ragione è chiara. Non vi è visione o rivelazione che vada esente da inganno e quindi non lasci qualche dubbio».

San Filippo Neri  dicevaai suoi discepoli, mettendo loro la mano alla fronte: «Tutta la santità consiste in quattro dita». E quando qualcuno era poco ubbidiente e gli chiedeva grandi penitenze corporali, rispondeva: «Eh!, figliuolo, che colpa  hanno le spalle se la testa è dura?».

Sant’Alfonso a proposito dell’obbedienza affermava: «Allorché ci viene imposta qualche ubbidienza dai nostri Superiori, noi dobbiamo farla non per piacere agli uomini, ma principalmente per piacere a Dio».

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