Quale dignità quella del prete!

Nell’anniversario della ordinazione di san Vincenzo Grossi, avvenuta il 22 maggio del 1869, raccogliamo alcune riflessioni che egli riporta in una lunga e complessa conferenza «Sul Sacerdozio», Essa riflette la percezione che don Vincenzo ha del suo sacerdozio, come dono e come missione, autentiche perle che impreziosiscono la sua esistenza.

L’aspetto dimesso di don Vincenzo, infatti, poteva distrarre la considerazione dalla sua personalità, dotata di un buon/consistente/significativo spessore culturale, di vivo zelo pastorale e soprattutto di una spiritualità profonda, comprovata da una vita cristallina.

Personalmente egli aveva una percezione di sé molto alta, non legata alle sue doti e ai suoi meriti personali, ma alla dignità che gli aveva conferito l’ordinazione. E non ne faceva sfoggio nell’abito, né nell’arredo della casa, meno nel coltivare relazioni che potevano dargli lustro, e meno ancora nelle opere che realizzava. 

C’era in Lui una consapevolezza della grandezza della dignità del sacerdote attribuitagli da Dio che, addirittura, a confronto con gli Angeli, lo faceva sentire in un certo senso superiore. Don Vincenzo percepiva l’essere prete non come un privilegio ma come una chiamata a rendere esplicita e viva ciò che Dio aveva prodotto in lui.

Spiegare questa sua consapevolezza è per noi difficile, ci vengono, però, in aiuto le sue parole per illuminarci:

 

 

I preti partecipano come gli Angeli alla sovranità di Dio per distruggere l’impurità, ma i primi vi partecipano in un modo più eminente e sublime. Perché gli Angeli non possono distruggere che l’esterno delle cose sensibili, mentre Dio ha dato ai preti il potere non solo di “legare” gli uomini (Cf Mt 16,19), ma anche di distruggere il peccato con potere sovrano, così che di vittime di peccato, ne fanno, con la parola del perdono, vittime d’amore.

Iddio ha lasciato, per così dire, agli Angeli ciò che vi è di odioso nel sacrificio, affidando agli uomini ciò che vi è di dolce e di amabile.

Oltre a questa sovrana partecipazione al suo potere di perdonare i peccati, Dio ha comunicato agli uomini il suo sacerdozio eterno, un sacerdozio di santità, eterno come Lui. Poiché ha dato ai preti il potere di associare le anime a Dio, e di attirarle, per mezzo della comunione, allo stato di ostia perfettamente consuma­ta nell’amore divino.

Dio, che solo ha il diritto di sacrificare il suo Figlio che è il Re ed il Dio degli Angeli e degli uomini, attira in sé i Preti per metterli a parte di questa ammirabile sovranità e di questa divina grandezza di sacrificare Gesù Cristo per l’unità di potere, di sovranità, di santità che loro comunica.

Quale dignità quella del Prete! Quale stima esso ne deve fare! Quale santità deve avere per adempiere degnamente un sì alto ministero! Non basta la prerogativa della dignità se alla dignità non si aggiunge un cumulo di santità.

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