La durezza di cuore

Don Vincenzo aveva visitato una comunità del guastallese e non gli era piaciuto per nulla il discorso fatto da suor Lucia nei confronti di suor Rosina. Ritornato a casa, dopo aver riflettuto, mise per iscritto le sue considerazioni e inviò una lettera molto dura a suor Lucia. Nello scritto le diceva chiaramente che nel riferire di suor Rosina c’era della esagerazione e mise in luce le sue piccole trame condivise con il parroco e da lui appoggiate, per ingigantire i problemi di salute e i limiti di carattere della suora che ostacolavano, a loro parere, le attività di apostolato.

Anche a lui, in occasione della visita, non erano sfuggiti la poca salute della suora e il suo carattere lunatico, ma non poteva per questo giustificare la durezza di cuore di suor Lucia.

Le aveva scritto in particolare: «La durezza porta all’inaridimento del cuore e rende indifferenti alle debolezze e al dolore del prossimo. La Rosina sa di avere un carattere infelice e ne soffre, e tu non puoi ignorare la delicatezza dell’indulgenza, né essere sgarbata, senza necessità, nei suoi confronti. Riguardo poi alla sua possibilità di lavorare non puoi applicare le regole con un rigore che non tenga conto della situazione personale della Rosina, dell’esperienza, della carità. La tua durezza non è cattiveria, ma ti rende il cuore secco e insensibile mentre lei avrebbe bisogno di essere sostenuta e incoraggiata. Non confondere la fermezza, di cui ti sei vantata nel nostro incontro, con la durezza».

Don Vincenzo non si pentì di quello che aveva scritto. Al suo ritorno nella comunità constatò che la Rosina aveva recuperato la salute e si dava da fare come riusciva nella scuola e in parrocchia. Il parroco era cambiato e suor Lucia aveva  più tempo per offrire le proprie attenzioni alla suora anziché lamentarsi di lei.

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