Il raccoglimento di don Vincenzo

«Che cos’è il raccoglimento?», si chiese don Vincenzo, e non perché fosse un farfallone, ma perché il suo confessore o per ispirazione o perché non aveva nulla da segnalargli, glielo aveva raccomandato.

Era, comunque, una questione che gli stava a cuore e la considerava una strategia importante nella sua vita spirituale.

Riflettendo, si rese conto che il raccoglimento comporta una doppia attenzione, prima a Dio, poi a se stessi. Non si tratta solo di camminare abitualmente alla presenza di Dio, occorre essere attenti anche a non incorrere nel peccato veniale per leggerezza o superficialità.  

Soprattutto avvertì che il raccoglimento favorisce l’ascolto delle ispirazioni dello Spirito Santo che diversamente potrebbero non essere percepite.

E si propose alcuni mezzi pratici per coltivarlo.

Al primo posto mise il silenzio e il controllo della curiosità delle novità. Non gli piaceva andare per le case a curiosare sulle vicende familiari, o ascoltare i pettegolezzi del sagrestano che sapeva tutto di tutti, ma non si rifiutava a chi lo metteva al corrente della vita del paese, anche quella meno nota.

Sicuramente le frequenti visite al SS Sacramento come il richiamare alla memoria la meditazione del mattino, lo avrebbero aiutato a favorire il raccoglimento.

E concluse le note che si era fatto con un ultimo mezzo che considerando il proprio temperamento poteva essere il più efficace: agire cauto e lento. L’ardore, l’ansietà, l’impeto nell’operare sono cose fatali al raccoglimento, si disse mentre gli venivano alla mente alcune situazioni concrete  in cui abbastanza frequentemente gli capitava di trovarsi.

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