L’eredità di san Filippo Neri

Attorno alla figura di san Filippo c’è una grande fioritura di aneddoti e una piccola raccolta dei suoi «detti»: tutto, racconti e frasi, rimandate a memoria dai suoi discepoli. Non ci ha lasciato scritti!

Eppure Filippo non era uno a cui pesava la penna, perché anzi, il contesto della sua famiglia era acculturato, il padre era avvocato, e almeno fino al primo periodo della sua presenza a Roma frequentò l’università la Sapienza. Successivamente, quando decise di diventare sacerdote, seguì gli studi teologici, secondo le disposizioni del recente Concilio di Trento.

Era consigliere di Papi e Principi non solo tanto per la saggezza che poteva nascere in un cuore in sintonia con Dio, ma anche perché sapeva di diritto, di sociologia e di teologia. 

Di lui non ci sono, però, scritti autografi. San Filippo, prima di morire, distrusse tutto il suo carteggio. È come se ci avesse privati di un dono, di una eredità, di qualcosa di sé che poteva continuare la sua presenza spirituale tra i suoi discepoli del tempo e quelli successivi.

Qualcuno attribuisce questo gesto alla sua umiltà. C’è una coerenza tra questa scelta e l’essersi negato sempre, nonostante diverse sollecitazioni a farlo, a lasciare una regola scritta per i preti dell’Oratorio, associazione a cui aveva dato vita.

Non ha lasciato scritti, è vero, ma ha lasciato nel cuore della gente che ha incontrato, dei suoi discepoli – e sono stati tanti! – una grazia profonda nata dall’incontro con la sua persona, con la sua vita,  con i suoi gesti così inediti e così quotidiani. Questo «ricordo» sono i suoi  «autentici» scritti, non  tracciati su carta, ma nella memoria spirituale delle persone.

È un’esperienza non rara: abbastanza frequentemente le persone che hanno lasciato un segno nella nostra vita non sono soprattutto quelle con le quali abbiamo avuto, ad esempio, un prolungato e intenso scambio epistolare, ma quelle che nella vicinanza quotidiana ci hanno in un certo senso contagiato con il loro spirito, i loro gesti, le scelte, le preferenze, gli interessi… San Filippo, spesso, stringeva la testa dei suoi penitenti sul suo petto: un gesto molto più efficace di un trattato sulla paternità spirituale o sulla misericordia.

Filippo ha scelto il linguaggio universale dei fatti che l’aneddotica poi ha enfatizzato con il racconto di bizzarrie e originalità. La santità è prima di tutto vita e questa non è un trattato o un manuale, ma una esperienza alla portata di tutti da comprendere e da vivere.

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