La mia affinità con don Vincenzo…

Il mio incontro con san Vincenzo Grossi è avvenuto poco più di quindici anni fa, durante un campo estivo in montagna, grazie a una Figlia dell’Oratorio che all’epoca faceva parte della comunità di via Ennio a Milano. A dire il vero, non mi parlò di lui, ma credo che sia stato invece il primo contatto che ho avuto con i frutti della sua vita e del suo operato.

Otto anni più tardi, ho conosciuto Daniela Sanguigni, grazie ad una amica comune. Mi regalò una medaglietta con l’immagine di don Vincenzo, facendomi in questo modo supporre che lei avesse qualche contatto con le suore da lui fondate. Qualche mese dopo, annunciò a me e ad altre ragazze che stava per iniziare il suo percorso di discernimento in vista del suo ingresso nell’istituto delle suore Figlie dell’Oratorio.

La nostra amicizia continuò e quando seppi che era stata ricoverata in ospedale con un problema abbastanza grave, ebbi un solo pensiero: procurarmi tantissimi «santini» del Beato Vincenzo (allora era solo… beato!) e distribuirli per chiedere di pregare per lei e, magari, ottenere un miracolo. Daniela, non per merito mio, ma del Signore che si è servito di don Vincenzo, è riuscita a superare bene il problema di salute e ho avuto la gioia di assistere al  suo ingresso in postulandato e  partecipare alla sua prima professione. Non ho interrotto i contatti con lei durante gli anni della formazione, ma ho continuato a ricordarla insieme a tutte le suore che conoscevo, ma anche al loro padre fondatore.

Il 6 maggio 2015, leggendo la notizia della promulgazione del decreto relativo al miracolo per la canonizzazione del Beato Vincenzo, ho provato una gioia grandissima, che ho subito trasmesso a suor Daniela. All’esultanza si accompagnava lo stupore, perché lei non mi aveva mai detto che c’era un presunto miracolo in esame. A dirla tutta, credevo che il caso scelto fosse proprio il suo e che le fosse stato imposto il riserbo, ma mi sbagliavo.

Col fondamentale apporto di suor Rita Bonfrate, ho potuto rifare il profilo biografico di don Vincenzo per l’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni, in tempo per la canonizzazione. Successivamente, la lettura di Ecco, io e i figli che Dio mi ha dato mi ha concesso di capire ancora meglio il cuore paterno del futuro Santo, il suo desiderio di aiutare tutte le persone a cui veniva mandato, la preoccupazione per il popolo di Regona e di Vicobellignano, ma anche lo spirito gioioso sulla scia di san Filippo Neri.

Anche aiutare le suore nell’allestimento del nuovo sito istituzionale mi è servito per capire che davvero san Vincenzo è un dono per l’intera Chiesa. Ha iniziato nella sua parrocchia, ma di certo non immaginava che da quel primo gruppo di ragazze sarebbe sorto qualcosa di ben più ampio e duraturo.

Lo sento vicino non solo per i contatti diretti che ho con le suore, ma anche perché nella mia storia di fede hanno un grande posto le comunità parrocchiali: quella dove sono nata e cresciuta, quella dove vivo ora, ma anche quelle che mi accolgono quando vado in vacanza e quelle che visito in varie circostanze, ora liete ora tristi. Se le parrocchie non ci fossero, molti si sentirebbero persi. Credo che lo stesso san Vincenzo pensasse così, altrimenti non avrebbe provveduto a rendere belle e accoglienti le chiese e ad aprire la sua stessa canonica, accettando ogni rischio.

La mia affinità con lui si estende anche alla preoccupazione per i membri del clero, che ai suoi tempi erano spesso disorientati. L’amicizia che ebbe con don Pietro Trabattoni, ma anche le indicazioni che diede alle prime suore, volevano favorire occasioni grazie alle quali i sacerdoti potessero trovare pace e ristoro spirituale, ma anche sostegno nelle attività e conforto nelle prove.

La vita di san Vincenzo è iniziata il 9 marzo di centosettantacinque anni fa, ma non è terminata il 7 novembre 1917, con la sua morte. Si è prolungata nell’eternità beata, grazie alle opere buone compiute sulla terra, direttamente o tramite l’azione delle Figlie dell’Oratorio e dei laici che, a vario titolo, le sostengono nella loro azione educativa.

Emilia Flocchini – Milano

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