La Vigilia di Natale di don Vincenzo

Don Vincenzo sapeva che la sua gente non considerava un obbligo partecipare alla celebrazione della vigilia di Natale. Il precetto infatti riguardava la Pasqua e per alcuni era già tanto adempiere quello.

Per questo dedicava l’antivigilia e la vigilia alle visite alle famiglie in particolare dove c’erano degli anziani e dei malati.

Sceglieva le famiglie che non dovevano sentirsi in obbligo di ricambiare la cortesia della visita con doni, fossero anche solo in natura.

Si intratteneva il tempo necessario perché sentissero nella sua presenza l’interessamento e soprattutto la vicinanza di Dio. L’indigenza, i problemi familiari, i raccolti scarsi e soprattutto le malattie erano, secondo un detto popolare, il segno che il Signore «si era seduto sul focolare della loro casa». Don Vincenzo suggeriva con poche parole di non considerarla una presenza ingombrante, ma importante: Dio non li avrebbe magicamente liberati dai problemi ma li avrebbe accompagnati perché non ne rimanessero schiacciati e soprattutto perché la loro fede non avesse a smarrirsi.

Prima di andarsene poi lasciava una bottiglietta di acqua benedetta e invitava il capofamiglia benedire con essa, prima della cena della vigilia, ogni famigliare, la mensa, tutte le stanze e gli animali nella stalla. Gli uomini al sentire che erano incaricati di questo compito si toglievano il cappello perché percepivano la presenza del sacro e le donne univano le mani come gesto di preghiera, i bambini litigavano per decidere chi doveva fare il chierichetto in quella liturgia familiare.

Rientrando in canonica, don Vincenzo sentiva che aveva ripetuto, anche se con modalità e parole diverse, la missione degli angeli presso i pastori di Betlemme. Molti di quelli che aveva visitato non sarebbero andati alla messa di mezzanotte ad ascoltare l’annuncio in canto della nascita di Gesù, ma non sarebbero rimasti privi di questa consolante notizia proclamata da secoli: Dio ha visitato il suo popolo!

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