La missione: uno stato, non un luogo

Tra «Le mille e una suora» di  A. Pronzato c’era suor Elvira che, attratta dall’Africa, era entrata in un istituto  missionario. Si era trovata per buona parte della sua vita a pulire verdura in una cucina di un grande studentato. Aveva un segreto. Nella macchia di umidità della parete della cucina, aveva intravisto, lei sola, un planisfero, con foreste e deserti, cammelli e tende, moretti e villaggi. Ogni giorno, senza muovere passo, lo percorreva in lungo e in largo, con il cuore, con la preghiera, con il compimento puntuale e generoso del suo servizio: viveva in stato, anche se non in luogo, di missione. Non ha acconsentito che le circostanze le precludessero di essere missionaria e ha condiviso con chi l’avvicinava, non il suo segreto che avrebbero potuto considerare  infantile, ma scintille del fuoco della missione, sempre acceso in lei.

Il cristiano per il battesimo nasce missionario, non lo diventa in seguito, semmai lo rende esplicito in scelte concrete.

Sono battezzato. Sono inviato. Sono missione. Non è un passato, né un futuro, è un presente!

Essere missione è una condizione stabile e non occasionale, duratura e non sporadica, è un modo di essere prima che di fare.

La missione, poi, quando vuole diventare esplicita chiede distanza dalla propria casa, dalla propria famiglia, dalla propria patria, dalla propria chiesa locale.

C’è chi supera questi distacchi in una sola volta. Chi li percorre a tappe. 

Sempre nascono dalla consapevolezza di appartenere a Cristo. Come Lui, anch’io!

E prima di essere una questione di distanze è un atteggiamento del cuore, una impostazione della mente.

Osservando gli apostoli non si scorge traccia di un loro rientro nel cenacolo dopo che ne erano rumorosamente usciti, né in quel giorno di pentecoste, né in quelli seguenti! La loro comunità, la chiesa di Gerusalemme, di Antiochia e di Roma e da allora tutte le comunità cristiane sono permanentemente in uscita,  sempre oltre, fuori.

Perché? Gesù l’ha ordinato: andate in tutto il mondo! Perché chi ama si mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita.

Il dove è lasciato alle circostanze.

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