Un regalo

«Voglio che sappiate che quando il Signore pensa ad ognuno, a quello che vorrebbe REGALARGLI, pensa a lui come a un suo amico personale. E se ha deciso di REGALARTI una grazia, un carisma che ti farà vivere la tua vita in pienezza e ti trasformerà in una persona utile per gli altri, in qualcuno che lasci un’impronta nella storia, sarà sicuramente qualcosa che ti renderà felice nel più intimo e ti entusiasmerà più di ogni altra cosa in questo mondo. Non perché quello che sta per darti sia un carisma straordinario o raro, ma perché sarà giusto su misura per te, su misura di tutta la tua vita» (CV 288).

Che bello incontrare e conoscere un Dio come questo! Che gioia sapere che il Signore non è venuto e non viene per chiederci o rubarci qualcosa, ma per regalarci la sua grazia e donarci la possibilità di una vita vissuta in pienezza! Ancora troppo spesso succede che, pur avendo incontrato il Signore con questo volto, il mondo adulto lo trasmetta un po’ ritoccato, non per malafede o cattiveria, ma perché preoccupato immediatamente delle risposte che i giovani dovrebbero dare e troppo concentrato sugli aspetti morali della fede. Ma nella cura pastorale dei giovani il punto fondamentale è quello di attirare la loro attenzione sulla scelta di Dio, presentando il vero volto di Cristo, che già Giovanni Paolo II nella Novo Millennio ineunte al n. 9 delineava come «l’amico supremo e, insieme, l’educatore di ogni autentica amicizia».

«La vocazione è la chiamata di un amico: Gesù. Agli amici, quando si fa un regalo, si regala il meglio. E questo non è necessariamente la cosa più costosa o difficile da procurare, ma quella che sappiamo darà gioia all’altro. Un amico ha una percezione così chiara di questo, che può visualizzare nella sua immaginazione il sorriso dell’amico mentre apre il suo regalo. Questo discernimento di amicizia è quello che propongo ai giovani come modello se vogliono capire qual è la volontà di Dio per la loro vita» (CV 287).

Una delle fatiche che vive la comunità cristiana è quella di avviare processi che riescano a personalizzare un itinerario di fede e sappiano farsi non generico richiamo ai valori, ma possibilità di incontro con il Dio amico e vicino, a cui sta a cuore la vita, la mia vita, e che chiede semplicemente di poterla affrontare assieme a Lui. Solo così la cosiddetta vocazione potrà non essere percepita dai giovani come uno spauracchio o un elemento in contrasto con la loro voglia di vivere, ma quale davvero è, una grazia, un regalo prezioso e atteso che si riceve da un amico che vuole vederci contenti e gioiosi.

«Il regalo della vocazione sarà senza dubbio un regalo esigente. I regali di Dio sono interattivi e per goderli bisogna mettersi molto in gioco, bisogna rischiare.

Tuttavia, non sarà l’esigenza di un dovere imposto da un altro dall’esterno, ma qualcosa che ti stimolerà a crescere e a fare delle scelte perché questo regalo maturi e diventi un dono per gli altri» (CV 289).

L’esigenza di un dovere imposto da un altro dall’esterno: ecco quello che non dobbiamo trasmettere ai giovani se non vogliamo tradire il mandato di annunciare il Vangelo! Che Buona Notizia sarebbe infatti quella di aggiungere doveri su doveri? «Prima di ogni legge e di ogni dovere, quello che Gesù ci propone di scegliere è un seguire, come quello degli amici che si seguono, si cercano e si trovano per pura amicizia. Tutto il resto viene dopo» (CV 290).

I giovani mostrano un certo senso di estraneità alla comunità cristiana, ma con questo ci stanno esprimendo il loro bisogno di una Chiesa esperta di grammatica umana più che di ragioneria (io ti do, tu mi dai) o di giurisprudenza e conoscenza delle leggi (ti è lecito o non ti è lecito fare o non fare alcune cose). Il Signore doni agli educatori e agli animatori dei giovani di riscoprire ogni giorno che «la cosa fondamentale è discernere e scoprire che ciò che vuole Gesù da ogni giovane (e anche da ogni non più giovane)  è prima di tutto la sua amicizia. La missione sarà sempre in relazione a questo amore gratuito, a questo amore di amicizia» (CV 250).

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