«Dio non vede etichette e condanne, ma figli»

Il 25 gennaio, nel corso della GMG, il papa ha visitato il carcere minorile di Pacora! No, non è il giovedì santo, giorno in cui ci ha abituati a questi incontri ravvicinati. Né un fuori programma dell’ultimo minuto. Nemmeno una sua richiesta segreta.

Era il giorno dedicato alla celebrazione penitenziale secondo il programma della GMG. Il «venerdì della misericordia», sottolineano i giornalisti, come papa Francesco ci ha abituati a vedere a Roma.

Ha scelto uno spazio piccolo, con poche persone, gesti semplici; tutto ha, però, ha acquistato un grande significato,  è diventato la chiave di lettura del viaggio del Papa, della GMG 2019, del magistero di Francesco, del suo farsi prossimo guardando negli occhi le persone.

La fama che le GMG si sono sempre fatte è quella sui numeri: ogni appuntamento ha sempre registrato uno strabiliante accorrere di giovani da ogni parte, superando spesso le previsioni. L’essere in tanti a camminare, a pregare, a cantare, a dormire sotto le stelle o la pioggia, a condividere la fede, la fatica, l’amicizia, è stato sempre l’elemento di successo di questi mega raduni.

Papa Francesco ha glissato questa logica, prediletta dai giornalisti e dai media, per entrare nella logica del Vangelo, di Gesù: farsi vicino agli ultimi. E ha scelto il carcere.

Carcere evoca reati, colpe, pena, giudizi, condanne, «etichette» ma il Papa ha voluto con le sue parole, con la sua scelta, con i suoi gesti aprire i detenuti alla speranza. Li ha guardati come un padre guarda il proprio figlio finito male: con un amore che si strugge per poterlo riscattare. Vivendo con loro un passaggio fondamentale della GMG, la celebrazione penitenziale, papa Francesco ha mostrato concretamente che non sono esclusi dalla vita della Chiesa.

E tra le pareti del carcere di Pacora ha abbracciato, senza nascondere la propria commozione, i giovani ospiti. E nel perdono seguito alla confessione di alcuni di loro, il papa ha voluto dire che Dio in ciascuno vede dei figli e non dei condannati.

Non è stato una celebrazione a margine della GMG: il fatto che indossassero la maglietta della GMG è stato il segno che erano non giovani sfortunati,  «disgraziati», ma i giovani della GMG non meno dei loro coetanei che in questi giorni riempiono le strade delle città.

La GMG ha sfondato il muro di questo centro, non per assolvere e liberare i suoi ospiti, ma perché possano scorgere davanti a loro la possibilità di riscatto a partire dalla esperienza di sapersi amati, nonostante tutto.

«Grazie  per averci fatto sapere che siamo tutti uguali», ha detto la Direttrice del carcere minorile, al momento del commiato. Una uguaglianza che non cancella il cammino della giustizia, ma che apre sicuramente cammini nuovi .

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