Preferisco il Paradiso

Il 29 novembre scorso, Mons. Lorenzo Voltolini, arcivescovo di Portoviejo – Ecuador – ha varcato la soglia della trappa di Salcedo (Ecuador) per iniziare la vita di monaco.

Lo ricordiamo in questo blog perché ha seguito passo passo la nostra comunità di Pajàn in Ecuador, trovandosi appunto nella sua Diocesi; ne ha seguito il suo sorgere e lo sviluppo fino alla chiusura e ha mantenuto con le Figlie dell’Oratorio, che ha conosciuto e incontrato, rapporti fraterni e di stima.

Bresciano di origine e di formazione, ecuadoriano di adozione, prima come missionario fidei donum, poi vescovo ausiliare e quindi vescovo titolare a Portoviejo, ora monaco trappista. Una parabola in crescendo… verso Dio.

L’ultima comunicazione ai suoi amici e fedeli si è conclusa con il saluto «Hasta el Paraiso» «Arrivederci in Paradiso». Non solo in senso figurato, essendo il monastero  intitolato a «Santa Maria del Paradiso», ma reale.

Al suo ingresso la relazione con il «resto del mondo», cambia  canali di trasmissione: passa esclusivamente attraverso Dio. Scrive infatti: «Ora sarò a disposizione di tutti più che da sacerdote e da vescovo, perché con la vita contemplativa potrò raggiungere tutti nel Signore con un aiuto che rinfrancherà voi e preparerà me all’incontro con Dio per sempre. Non fuggo dal mondo, ma entro nel mondo da una dimensione diversa, la dimensione di Dio. Con san Filippo Neri dico di tutto cuore: preferisco il paradiso».

E chiudendo definitivamente  ogni comunicazione ha lasciato un dono a tutti: «Offro la mia vita per la Chiesa e per il mondo!».

La sua scelta all’inizio ci ha lasciato sbigottite, ora ci commuove, e soprattutto ci coinvolge perché, come Figlie dell’Oratorio siamo certe di essere presenti nella sua preghiera e nella sua «offerta» e perché a nostra volta, per affetto ma anche per vocazione,  desideriamo tenerlo presente nel cuore della nostra preghiera e della nostra «offerta».

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  1. Non posso dimenticare le attenzioni fraterne che Mons Voltolini ha riservato alla nostra comunità appena arrivata in Ecuador e soprattutto la preoccupazione a preservarle dall’impatto con una realtà, anche ecclesiale, abbastanza diversa da quella da cui provenivano e suore, fosse l’Italia come l’Argentina.La sua è stata una presenza discreta e familiare, incisiva e propositiva ma senza alcuna amplificazione. La scelta per la vita della trappa ne evidenzia oggi lo spessore umano, spirituale e pastorale. E’ un messaggio chiaro: nessuna circostanza può essere ritenuta una buona giustificazione per non essere radicali nella sequela Christi.