Per i giovani una… iniezione di fiducia e di speranza

La testimonianza di suor Daniela Catellani

Figlia dell’Oratorio da quasi 31 anni, svolgo la mia missione in oratorio, ogni giorno a contatto con ragazzi e bambini cercando di essere per loro segno dell’amore del Padre che si prende cura dei suoi figli. Non nascondo però l’amarezza, la delusione quando, giunti all’età dell’adolescenza (e man mano che passano gli anni viene anticipata alla pre-adolescenza) i ragazzi si allontanano, spariscono. Alcuni presi dai loro tanti impegni, altri perché derisi dai loro compagni, altri ancora perché preferiscono stare comodamente sul divano con il cellulare tra le mani.

Da tempo sono alla ricerca di nuovi linguaggi e nuovi metodi per incontrare, avvicinare, ascoltare i giovani, stare con loro anche per «continuare l’ispirazione e la creatività generosa del nostro Fondatore» (come recita l’art.102 delle nostre Costituzioni). Dalla mia piccola esperienza e dall’ascolto della Parola, intuisco come fondamentali siano l’accoglienza, l’ascolto, la pazienza e la passione.  «E’ necessario che i giovani e i fanciulli si sentano amati e siano accolti così come sono» (art. 91) come pure il farci vicine, lo stare in mezzo a loro come Gesù che ha scelto la via dell’Incarnazione per stare con noi.

Personalmente vivo la mia vocazione di consacrata a Dio per i giovani, offrendo quotidianamente la mia preghiera e la mia vita per il bene della gioventù e perché abbiano la gioia e l’occasione di incontrare Cristo nella loro vita. Solo occasionalmente vivo con i giovani più grandi esperienze dirette: giornate o serate con loro a livello diocesano, che prepariamo e viviamo con l’equipe di pastorale giovanile e l’esperienza del grest estivo che ci permette di incontrare un bel gruppetto di adolescenti e vivere insieme l’esperienza e la gioia del servizio ai più piccoli in oratorio.

Proprio alcune settimane fa, il 12 e 13 settembre, ho avuto l’opportunità di partecipare a una bella e significativa esperienza con i giovani siciliani condividendo e vivendo con loro la gioia dell’incontro con il Santo Padre, Papa Francesco, venuto a Palermo in occasione del 25° anniversario dell’uccisione di don Pino Puglisi, primo martire della mafia.

Mi ha fatto bene e mi ha ricaricata di speranza, l’esperienza dell’accompagnare un gruppo dei nostri giovani e lo stare con loro condividendo tutto: dalla fatica del cammino, del caldo e del disagio per la mancanza d’acqua, all’emozione grande di vedere e accogliere il Papa con la gioia che sprizzava dai volti, gli applausi e le acclamazioni e l’entusiasmo che caratterizza i giovani. Eravamo tantissimi. Un’esperienza di comunione e di festa, un’esperienza di fraternità e di condivisione… insomma un’esperienza di Chiesa viva, di una Chiesa in cammino.

Camminando per le vie di Palermo la mia mente immaginava il sorriso, la soddisfazione e la gioia di don Pino, ma anche di s. Vincenzo Grossi, amorevole educatore dei giovani, nel vedere le strade gremite di giovani, le stesse strade sulle quali anche don Pino aveva camminato seminando il bene e donando la sua vita.

Due giorni intensi, belli, pieni di vita e di speranza. Papa Francesco,  che non finisce mai di stupirci con quel suo stile bello, appassionato e amorevole, gioioso e forte allo stesso tempo ha detto ai giovani a Palermo:«Gesù crede in voi più di quanto voi credete in voi stessi, vi ama più di quanto voi vi amate». È questo che cercano i giovani: un’iniezione di speranza e di fiducia. Ed è quello che cerco di fare ogni giorno con i ragazzi che incontro. Questa esperienza mi ha ridonato speranza e mi aiuta a guardare con occhi nuovi la gioventù e la mia missione con e per loro.

 Consapevole che questa dedizione richiede coraggio, spirito di iniziativa e di sacrificio che posso attingere solo dal Signore, e che l’apostolato per noi Figlie dell’Oratorio consiste primariamente nella testimonianza che offre la nostra vita di consacrazione, chiedo al Signore, per intercessione di S. Vincenzo, di non trascurare il mio rapporto con il Signore e la carità che ne deriva perché è questo che rende la nostra missione e la nostra testimonianza credibili, attraenti, contagiose e feconde.

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