Le penitenze

Don Vincenzo dava poco tempo al sonno. Alla sera stava fino a tardi con i giovani e al mattino alle cinque era già in chiesa per le confessioni e la Messa. Si concedeva un riposino pomeridiano che a volte sostituiva con qualche lavoretto nell’orto.

Dopo la sua morte tra i suoi effetti personali fu trovato il cilicio, uno strumento di penitenza e dalle indiscrezioni della domestica sembra che lo usasse soprattutto al venerdì: una partecipazione anche se minima alla passione di Gesù.

Osservava i digiuni ecclesiastici previsti senza mai concedersi alcuna eccezione neppure se stanco, affaticato per viaggi e l’età avanzata.

A chi gli chiedeva spiegazioni per tanta penitenza, anche se non vistosa e appariscente, don Vincenzo rispondeva che «se l’asinello non è ben domato potrebbe prendere il sopravvento» e parlava in riferimento alla castità.

Non può sfuggire, però, un’altra motivazione più profonda: l’ascesi che egli praticava lo liberava piano piano dalle piccole zavorre che la vita, le abitudini, il fisico accumulano e che, lievi o pesanti, frenano o rallentano il cammino verso Dio.

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