Il digiuno eucaristico

La vendemmia e la pigiatura nella vita e nella cultura contadina erano dei veri e propri riti a scadenze annuali.  Erano anche una fatica, ma soprattutto una festa. Don Vincenzo non rimaneva estraneo a questi momenti  importanti nella vita dei suoi parrocchiani. Così capitò che una sera si trovò nel cortile della cascina della parrocchia verso mezzanotte e accompagnato dal fittavolo osservava la quantità dell’uva raccolta, la qualità e  un po’ per istinto e un po’ per avere conferma della dolcezza declamata, allungò la mano e staccò un acino. Appena assaggiatolo si rese conto che era passata la mezzanotte, termine che fissava l’inizio del digiuno eucaristico per lui che doveva celebrare la Messa.

Fu molto rammaricato di questa svista che tra l’altro non gli era mai successa e nonostante qualche presente minimizzasse la cosa perché erano appena suonate le ore dal campanile  e gli suggerisse che poteva usufruire della tolleranza del tempo medio, don Vincenzo non volle sentire ragione e comunicò che la mattina seguente non avrebbe celebrato la Messa.

E così fu. Non solo non salì all’altare ma si rivolse ai presenti dandone spiegazione, invitandoli a dare il dovuto rispetto ai sacramenti e ad osservare le leggi della Chiesa.

Rigidità nell’osservanza delle disposizioni ecclesiastiche? Scrupolosità personale?

Sicuramente don Vincenzo non peccava di faciloneria e di superficialità: all’obbedienza alle norme della Chiesa univa anche un profondo rispetto al Sacramento. Non poteva trattarlo a sua discrezione: la fede non era solo nella sacralità, ma soprattutto nella presenza reale di Gesù, con Lui non voleva giocare al minimo consentito.

Nella relazione con il Signore, egli riteneva che ogni gesto, anche piccolo, poteva essere segno di amore o di indifferenza.

Don Vincenzo era per l’amore.

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