100 anni fa…

100 anni fa, la sera del 7 novembre dell’anno 1917, moriva don Vincenzo Grossi.

Il fatto non fece notizia, forse non si diffuse nemmeno fuori dalla stretta cerchia di parenti ed amici. Don Vincenzo, infatti, aveva trascorso l’intera vita nel ministero ordinario di parrocchie di campagna, e l’ultima, dove rimase per oltre trent’anni, non gli riconobbe alcun segno di eccezionalità così da dover dare un’eco particolare alla morte del proprio pastore.

Don Vincenzo aveva dato vita ad una associazione di donne consacrate, perché affiancassero i sacerdoti nelle parrocchie per la cura della gioventù femminile, e l’iniziativa, oltre ad essersi diffusa, aveva già ottenuto i primi ed importanti riconoscimenti.

Le suore sì, ne piansero la morte come per la perdita di un padre!

Oggi celebriamo questo anniversario perché don Vincenzo è santo!

Perché, come cento anni fa, riconosciamo la sua paternità spirituale, ci identifichiamo, non però come in uno specchio, nella sua esperienza spirituale e pastorale. La sua, infatti, è una paternità, che pur sottoposta alla morte fisica, non genera orfane perché appartiene all’ordine dello spirito.

Un prete, un parroco, un fondatore dichiarato santo. Nato nella primavera dell’unità di Italia (1845), trascorse la sua vita sullo sfondo di guerre, che, se pur combattute lontano dalle sue parrocchie, coinvolgevano la vita sociale ed ecclesiale a diversi livelli e con differenti problematiche. Don Vincenzo non si estraniò dal contesto, ma indirizzò tutte le sue energie umane e spirituali a ricostruire nelle parrocchie rurali della diocesi di Cremona a lui affidate, un tessuto  sociale e cristiano che il susseguirsi degli eventi bellici, l’alternanza dei governi vecchi e nuovi, le trasformazioni sociali radicali, e, non ultime, le importanti questioni ecclesiali avevano sfilacciato.

 

È passato un secolo dalla sua morte ed il contesto sociale ed ecclesiale, pur con congiunture  diverse, non è meno difficile di quello a lui contemporaneo.

Oggi non facciamo memoria di un morto a cui abbiamo voluto bene e che ha fatto del bene: sarebbe solo commemorazione celebrativa; ma alla luce del suo ricordo, mettiamo al centro dell’attenzione la sua eredità, il carisma di Figlie dell’Oratorio. Non ci ha lasciato, infatti, un manuale da praticare, che può diventare obsoleto, ma un progetto di vita da incarnare nei luoghi e nei tempi in cui la Provvidenza chiama a vivere ogni figlia dell’Oratorio.

Muore il frutto che si dissolve, ma resta il seme, e i frutti che da esso verranno pur essendo della medesima specie non saranno gli stessi! È un frutto nuovo ogni comunità di Figlie dell’Oratorio, ogni Figlia dell’Oratorio che trova ispirazione per la vita e la missione nell’esperienza umana, pastorale e spirituale di san Vincenzo Grossi!

Rispondi

  1. Il passare del tempo, dopo la morte di una persona cara, non affievolisce l’affetto, la stima, la voglia di essere come lui o lei. Rivolgendomi a San Vincenzo gli chiedo di suscitare in ogni sua figlia il desiderio di non rinunciare a vivere, al di là dell’età o della porzione di terra che si abita, la grande intuizione carismatica che ci ha trasmesso.

  2. San Vincenzo, donaci il tuo zelo, il tuo fervore, la tua dedizione costante… parole che in italiano sembrano vecchie e obsolete, ma che nel linguaggio spirituale hanno ancora tanto da dirci e da darci. Aiutaci a non cedere alla rassegnazione, a non stare sedute, a non metterci in parcheggio “aspettando tempi migliori”. Viviamo il nostro quotidiano come l’occasione per consegnare la nostra vita a Dio e ai giovani. E’ “oggi” che siamo chiamate a incarnare il carisma, ovunque noi ci troviamo.

  3. “Progetto di vita da incarnare…” San VIncenzo donaci la grazia di vivere una consacrazione vicina alla gente, in mezzo ai giovani, collaborando affianco dei sacerdoti e condividendo il carisma con quanti insieme a noi annunciano il vangelo…. che sappiamo custodire le nostre radici, che abbiamo il coraggio di fare carne il carisma in questo oggi!