La vera pietà è cordiale

Tra la corrispondenza che ogni giorno Don Vincenzo riceveva, aveva aperto una lettera proveniente da una comunità in cui la scrivente si lamentava delle suore, del parroco, del coadiutore, perfino della perpetua  e del sagrestano. Una era lenta, l’altra troppo intraprendente, il parroco avaro, il coadiutore superficiale, la perpetua brontolona e il sagrestano indolente. Concludeva, però, lo scritto assicurando che era impegnata nel proposito fatto in occasione degli esercizi spirituali, quello cioè di voler essere ad ogni costo una religiosa vera, dedita all’amore di Dio e del prossimo.

Don Vincenzo conosceva bene la suora, le sue debolezze e contraddizioni, ma anche la sincerità dei suoi propositi. In un primo momento pensò di manifestarle il suo disappunto per questo atteggiamento così contraddittorio, poi decise diversamente. Prese carta e penna e per l’ennesima volta le rivolse le stesse raccomandazioni:

«Carissima, 

se vuoi essere una vera  religiosa,  timorata di Dio e dedicata interamente agli altri, devi essere dolce, indulgente, caritatevole. Infatti si deve essere severi con sé, benigni con gli altri…Il nostro cuore deve essere di ferro verso noi stessi, di carne per il prossimo, di fuoco per il buon Dio.

La pietà è una disposizione che Gesù Cristo mette nel nostro cuore e che ci porta ad amar Dio come un padre  e tutti gli uomini come fratelli.

Una carità accompagnata da una pietà dura ed esigente, senza misericordia per gli errori altrui, severa nel giudicare e condannare, non edifica nulla, non viene dallo Spirito. Senza essere deboli, è necessario essere benigni; e amare come Gesù Cristo i peccatori, senza amare i loro peccati».

Concluse lo scritto, inviandole la sua particolare benedizione e suggerendole di essere »più cordiale, buona ed affettuosa», e paradossalmente meno «caritatevole… di testa e di immaginazione».

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