«…Comunicarsi almeno a Pasqua»

I temi della predicazione di don Vincenzo sono spesso lontani da quelli attuali e la conferma la troviamo soprattutto nelle omelie che si riferiscono al tempo pasquale.

A noi appaiono anacronistiche perché, trascurando l’annuncio pasquale, enfatizzano il «precetto», cioè l’obbligo di «comunicarsi almeno a Pasqua». Una prassi, questa, lontana dalla pastorale odierna, perché era un obbligo e perché prevedeva la partecipazione alla comunione anche fuori dalla celebrazione eucaristica.

Don Vincenzo, però, non fu solo un grande promotore della comunione  pasquale, considerata tra l’altro indicatore della pratica religiosa della parrocchia, ma favorì, consigliò, suggerì la partecipazione frequente alla comunione. Lo testimoniano le sue parole, appunti per una predica ai suoi fedeli:

«Fratelli miei, io sono persuaso che molte persone che spesso si comunicano, sono anime fiacche, ma per questo appunto hanno bisogno del Pane dei forti;

sono anime fredde e timide, ma per questo devono accostarsi a quel fuoco divino, onde infiammarsi;

sono inferme, ma appunto per guarirle il loro Medico pietosamente a sé le richiama;

sono anime pie che hanno ancora un lungo tratto di via per raggiungere la perfezione, perciò hanno bisogno di una guida sicura, di un aiuto poderoso.

Voi dite d’essere indegni di poter partecipare spesso ad un sì grande Sacramento. La Chiesa sa che non siete degni di comunicarvi e tuttavia vi invita a comunicarvi spesso, anzi ogni giorno. La Chiesa vi consiglia, vi esorta non già perché ne siete degni, ma perché avete bisogno di comunicarvi spesso, affinché l’amabilissimo vostro Maestro vi renda il meno possibile indegni. Vi eccita/sprona alla Comunione frequente non già perché siete santi… non già perché siete forti… non già perché siete perfetti ma perché possiate essere rivestiti dalla grazia santificante, la sola veste nuziale con cui si è sempre ben ricevuti alle nozze dello Sposo Divino».

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