I fondamenti del mio ministero sacerdotale (1)

Dio al centroAppena ordinato sacerdote sono stato subito «buttato in mare», come si dice, e ho dovuto imparare a nuotare, cioè a considerare i contesti in cui ero inviato come il mio habitat, sia per vivere la mia vita sacerdotale sia per svolgere la mia missione. Non mi ero fatto prete per la mia felicità, ma per quella degli altri e poi magari proprio in questa dedizione avrei trovato anche la mia felicità.

Dopo i primi due anni di sacerdozio in cui tutto era instabile – e i miei tre trasferimenti ne sono la prova – l’ingresso di Mons Bonomelli segnò il passo a tutta l’organizzazione della Diocesi, in particolare alla Riforma del clero.

Nella Costituzione che inviò a tutti i sacerdoti appena a un anno dal suo arrivo – e questo  dice l’urgenza! – ho trovato le indicazioni per seguire la strada maestra. Finalmente! Non che prima avessi «bighellonato», ma l’autorevolezza delle linee mi orientava e mi dava luce, oltre a confermarmi di fronte a incertezze, perché una cosa sono i principi e un’altra è la prassi.

Infatti, da una parte c’era la parola del Vescovo e dall’altra un numero considerevole di sacerdoti sui quali occorreva «stendere un velo di pietà».

Il Vescovo, nel Documento, tra i tanti argomenti ribadiva l’inamovibilità, la catechesi festiva ai fedeli, l’omelia, la catechesi ai fanciulli, uno stile di vita povero, una predilezione ai poveri e soprattutto un impegno quotidiano per la santità personale. Non erano per me temi nuovi, perché, oltre ad averli visti concretizzati nella vita di alcuni sacerdoti che avevo conosciuto, li avevo meditati nel libro «Un curato di campagna» trovato in fondo ad un cassetto di una vecchia sagrestia. Scorrendo le pagine ingiallite, mi annotavo i passaggi più significativi perché volevo che fossero per me una specie di vademecum.

La Chiesa corpo mistico di CristoL’autore attingendo da san Paolo, che parla della Chiesa come di Corpo Mistico, affermava che i sacerdoti  in questo «Corpo» sono le giunture. Una immagine plastica molto eloquente che mi avvinceva. Concretamente questo mi chiedeva di dispensare i misteri di Dio, di amministrare le  cose sacre, a nome e per mandato del Vescovo, a esercitare le funzioni ecclesiastiche come Pastore e non come mercenario.

«Buoni preti, santi preti…» ripeteva spesso Mons Bonomelli!

Mi si chiedeva di essere un prete di qualità e non uno qualunque sempre pronto a lamentarsi di tutto: quando ci sono i fedeli  perché ci sono e quando non ci sono perché non ci  sono. La lista dei poveri «curatucci di campagna, interessati e di dubbia moralità» era lunga e non era il caso di ingrossarla; anzi l’intento del Vescovo era quello di assottigliarla, perché sapeva che molti dei suoi preti si erano persi per l’incuria personale e la mancanza di direttive dei superiori.

Il Vescovo voleva che la canonica fosse un porto di mare dei poveri e dei bisognosi e in alcune ore della giornata anche un monastero, nel quale il prete si ritirava per dedicarsi allo studio e alla preghiera vissuti non come un tormento o un obbligo, ma una necessità imprescindibile.  Più esplicitamente chiedeva di tenere tra le mani più frequentemente la corona del rosariomani col rosario che il bicchiere di vino e le carte da gioco… e caldeggiava a trascorrere il tempo migliore delle proprie giornate in confessionale o davanti al Santissimo.

La gente considerava la condizione del sacerdote come un privilegio ma io lo percepivo come una chiamata all’eccellenza della vita interiore, alla vita di Cristo in me e di me in Gesù. Diversamente non sarei  che «un’ombra di prete».

L’evangelizzazione e l’efficacia del ministero dipendono infatti  dalla eccezionale vitalità interiore. Per questo mi sono sempre preso tempi per la preghiera personale, anche se non volevo che la mia fosse  la preghiera dell’eremita ma del padre che si rivolge a Dio insieme ai suoi figli. Pregavo pertanto in chiesa… insieme ai miei fedeli al loro passo non per rallentare il mio ma per coinvolgerli …preghiera come frutto di solidarietà con gli altri, con i fedeli, con il mondo: volevo essere le “giunture”.

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  1. Un uomo vicino alla gente, nello stile dell’incarnazione, grazie san Vincenzo per “onorare” il ministero col tuo stile secondo il cuore del Maestro!