Gli amici

amicizia.Per carattere non mi considero un allegrone, uno di quelli che tengono in piedi la comitiva con burlonate  e altre trovate simili,  ma nemmeno il classico misantropo per il quale il dovere e il ruolo diventano un piedistallo da cui non scendere mai. Il lavoro prima e lo studio dopo, ma anche il ministero non sono mai stati un impedimento per cercare e coltivare amicizie, alcune delle quali sono state più importanti dello stesso rapporto con i miei fratelli.

Ambrogio Mazza

Con Ambrogio Mazza eravamo coetanei e conterranei. La classe sociale borghese a cui apparteneva la sua famiglia non ci aveva permesso di conoscerci da bambini, nei giochi in piazza o lungo il fiume, mentre la comune frequentazione della canonica di don Favenza ci aveva avvicinati. Anche lui si preparava al sacerdozio, sulla scia dello zio e del fratello maggiore. La salute malferma non gli consentiva di risiedere in seminario durante i mesi di studio, per cui era ospite di parenti a Cremona, ma ci ritrovavamo nel corso delle lezioni a cui non mancava mai. Fu ordinato nel 1868, un anno prima di me, avendo anticipato gli studi classici rispetto alla prassi comune.preti-di-domani

Nel corso della sua malattia, che divenne mortale di lì a poco, andavo frequentemente a fargli visita e trascorrevamo alcune ore nella conversazione spirituale o culturale. Era dotato di ingegno acuto e versatile, di intelligenza nobile, nel tratto era al contempo distinto e modesto. I suoi argomenti preferiti  erano i testi dei padri della Chiesa in particolare san Girolamo e sant’Ambrogio che negli ozii forzati della malattia leggeva con assiduità e quando ci incontravamo me ne parlava aggiungendo le sue riflessioni e ampliando gli argomenti.

Mi resi conto di avergli voluto davvero bene quando la morte “me lo rapì”. Il nostro era un bene che si esprimeva nello scambio delle anime e di quanto lo Spirito operava in lui e in me, anche a nostra insaputa.

I fratelli Trabattoni

mons. PietrioTrabattoni
Mons. PietrioTrabattoni

A Pizzighettone, nella canonica di mio fratello che io, novello sacerdote frequentavo familiarmente, ho conosciuto i fratelli Trabattoni, don Luigi e don Pietro. Don Luigi era coadiutore di mio fratello e don Pietro aveva scelto di trascorrere le ultime vacanze prima della ordinazione insieme a lui. Le nostre conversazioni  erano su temi ecclesiali e sociali, perché troppo scottanti e controversi per poterli affrontare con obiettività da soli. Mio fratello, don Giuseppe, il maggiore del piccolo cenacolo, ci invitava a pregare insieme il breviario e a condividere la cena che Bettina aveva preparato. Con don Pietro lo scambio continuò anche quando divenne parroco a Maleo. Avevamo lo stesso confessore e  volentieri mi fermavo nella sua canonica quando passavo da quelle parti. Preparavamo insieme le conferenze per le missioni, gli confidavo i miei progetti e  gli raccontavo le mie fatiche. Era una balsamo stare insieme qualche ora, e sapere che potevo contare sulla sua disponibilità e sincerità. Avevamo due visioni diverse sulle questioni sociali: lui in prima linea nel sostenere la lotta dei contadini e dei braccianti, io invece attento alla formazione della gioventù.

Don Angelo Corbari

A Vicobellignano ebbi la possibilità di incontrare nuovi confratelli con i quali sono riuscito a trovare una buona intesa per scambiarci alcuni servizi nel ministero: c’era infatti una fiducia reciproca di fondo. Con don Angelo Corbari, parroco a Buzzoletto e giornalista, un uomo tutt’altro che banale, mente aperta e lucida sui temi ecclesiali che l’avanzare dei tempi chiedevano di approfondire, mi sentii a mio agio. Andavo di frequente nella sua parrocchietta per ministero ma anche perché con me si sentiva libero di esprimere le sue osservazioni, a volte pungenti, sulla politica e sulla Chiesa.amicizia2

Adesso che ripenso ai miei amici  mi rendo conto che pur non avendoli cercati, li ho scelti e non tanto per trascorrere una serata allegra insieme o per fare una  camminata sull’argine del Po, ma perché il contatto con loro sarebbe stato un sostegno umano e spirituale reciproco. Da parte mia sono stato fedele a queste figure amiche, ho coltivato le relazioni cercando di non banalizzarle nella ripetitività e nello scontato.

… Don Pansòn, Bel Fiulòn, Don Rampin…

E poi c’erano anche altri preti con i quali avevo familiarità, ci trovavamo insieme periodicamente per questioni di ministero e poi condividevamo il pranzo e quattro chiacchiere. Per la mia abitudine anche se temporanea di fiutare tabacco  essi mi chiamavano bonariamente il Tabachin,  a mia volta avevo  coniato dei soprannomi simpatici per alcuni  di loro come don Pansòn o Bel Fiulòn, don Rampin…e li usavamo quando il clima era disteso e volevamo scambiarci scherzosamente dei complimenti. La fraternità sacerdotale poteva essere vissuta al suo interno secondo una vasta gamma di modalità. Beato chi di noi sapeva attingere e riversare in essa  con abbondanza.

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  1. Amici nel Signore, amici nella passione per il vangelo e per l’uomo. Come è bello poter condividere con alcuni questa sintonia nel Maestro e nei suoi criteri e priorità. Poter godere di uno spazio di familiarità, dove poter mettere in comune desideri, ansie, problemi, inquietudini; uno spazio dove ascoltare e sentirsi ascoltati. Ringrazio il Maestro che ha permesso di fare questa esperienza anche a me, e chiedo a san Vincenzo di saper custodire e conservare questa “grazia” dell’amicizia nel nome del Signore!