Conferme e novità dall’Archivio storico di Pizzighettone

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La lettera del Maestro

Seguendo la traccia offerta dai primi paragrafi del libro «Io e i figli che Dio mi ha dato», (Studio sulla paternità spirituale di Vincenzo Grossi condotto da R. Bonfrate, edito da San Paolo, Cinisello Balsamo – Milano, nel 2010), è stata allestita, a Pizzighettone, una mostra che ripercorre, appunto, il contesto urbano e storico in cui don Vincenzo Grossi ha trascorso l’infanzia e la giovinezza. Nel lavoro di riordino e catalogazione dell’Archivio storico del paese sono venuti alla luce documenti inediti che contestualizzano la vicenda umana di Vincenzo Grossi. Alcuni tra quelli esposti sono delle novità, altri confermano informazioni raccolte a suo tempo dalle testimonianze nel corso dei processi diocesani.

Troviamo la lettera del «Maestro» dell’anno 1852 che convoca gli alunni della scuola elementare per gli esami esattamente il 14 e il 15 settembre. Ciò conferma quanto dichiarato da una teste, cioè che, quando Vincenzo fu in età scolare, poté frequentare le scuole elementari a Pizzighettone, infatti la Scuola maschile era già presente.

Notifica comunale del 1844

I Grossi erano mugnai e il Serio era la loro fonte di energia. Più abbondante era l’acqua, meglio lavoravano le macine e più cospicue erano le entrate. Ma per i loro vicini troppa abbondanza d’acqua poteva essere dannosa, soprattutto nella cattiva stagione. In riferimento a questo vantaggio per i Grossi e pericolo per gli altri abitanti si trovano due ingiunzioni delle autorità preposte al controllo dei corsi d’acqua ai fratelli Grossi, mugnai: una del 25 ottobre del 1844 e l’altra del 12 maggio del 1859. Nel primo caso viene loro chiesto di tenere aperte le paratoie del Serio per evitare disastrosi straripamenti a causa delle abbondanti piogge, e nel secondo caso di rispettare il livello dell’acqua dello stesso, che essi invece cercavano di tenere il più alto possibile per averne il maggior utile per il mulino.

Riguardo gli eventi della infanzia e adolescenza di Vincenzo le testimonianze sono molto tardive per cui  le informazioni sono essenziali.

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Dal Registro del Censimento del 1961

Tra i documenti esposti, si trova una pagina del registro del censimento del 1861 in cui appare la famiglia Grossi, al completo. I genitori, l’unica sorella vivente, un fratello sposato con la moglie e tre figli, un fratello assente per il servizio militare, don Giuseppe già sacerdote, Vincenzo studente “di umanità”, un altro fratello minore di lui e una domestica. Una bella famiglia, numerosa e variegata con la presenza anche dei nipotini, ed economicamente stabile per potersi permettere una collaboratrice. Questi dati confermano le dichiarazioni dei testimoni ai processi, cioè che la famiglia Grossi era in vista, stimata e apprezzata. E da un altro documento, il verbale della seduta Consigliare comunale del 28 maggio del 1861, compare il nome del padre di don Vincenzo nell’elenco dei Consiglieri.

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Note Storiche

Ultima, ma non nel tempo e nella novità, spicca una nota non datata, sicuramente più recente, con alcune informazioni da vero gossip. Di ritorno dalla sconfitta di Custoza, fine giugno o inizi luglio del 1866, un battaglione di 30mila militari (!?!) guidati da cinque generali fecero sosta a Pizzighettone nella Piazza d’Armi. Li accompagnava il re Vittorio Emanuele II con i figli Umberto e Amedeo. Mentre i generali fecero colazione nella Piazza, il Re con i figli furono ospitati nel mulino della famiglia Grossi. Vincenzo aveva allora 21 anni, e frequentava già il Seminario. Un privilegio per i Grossi? O più verosimilmente una scelta che

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Particolare della nota storica

confermava l’apprezzamento della comunità civile per lo stile quotidiano dei Grossi – stile di ospitalità cordiale e, se pure semplice, onorevole – e per la loro attiva partecipazione e il contributo effettivo alla vita sociale, religiosa ed economica di Pizzighettone.

Non si può negare che questa visita, non certo di ordinario ménage, come pure il passaggio o il soggiorno di altri militari, pochi o numerosi, sconfitti o vincenti, austriaci o italiani, siano state per Vincenzo esperienze fondamentali per imparare a cercare anche molto al di là dell’altra sponda dell’Adda.

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Rispondi

  1. Mi piace immaginare Vincenzo,adolescente e giovane muoversi in questa grande famiglia, dove la diversità delle età e dei ruoli è assunta come ricchezza, complementarietà e reciprocità. Colgo, inoltre, una evidente distanza dalla situazione economica in cui è cresciuto nella sua famiglia, alla scelta di vivere come sacerdote all’insegna della essenzialità.
    San Vincenzo è maestro di vita!

  2. Poter essere a conoscenza di questi dati e avvenimenti che fanno parte della storia di san Vincenzo è un modo per me, figlia dell’Oratorio, di sentirlo più vicino, di poter custodire e coltivare la radice nella quale mi riconosco, mi permette di fare memoria da dove vengo, e quali sono i miei tratti essenziali, la mia identità. Sapere la storia del mio fondatore è dare solidità e senso anche alla mia storia e al mio essere e sentirmi figlia di san Vincenzo!

  3. Grazie a chi, con un eccellente lavoro di contestualizzazione, consente a noi Figlie dell’Oratorio di andare alle radici, anche storiche, della nostra Famiglia Religiosa. Non siamo figlie di un’idea astratta, senza fondamenta; siamo nate sì da una intuizione, ma che a sua volta si è formata nella storia, nella vita di San Vincenzo. E’ lo Spirito che soffia dove vuole e si incarna dove trova un cuore docile e docibile, attento ai segni dei tempi.