Visitare gli ammalati

visitare gli ammalatiNel 1889 il Governo Crispi aveva varato una legge che obbligava i comuni a fornire prestazioni sanitarie minime. C’era il medico condotto comunale il quale, però, svolgeva  prevalentemente compiti di prevenzione e di igiene. Succedeva con molta frequenza che al capezzale del malato andasse solo il prete; non tutti i paesi, infatti, avevano il medico, e anche quando c’era aveva ben poche armi davanti alla maggior parte delle malattie.

La visita ai malati per i parroci  spesso sostituiva o precedeva quella del medico.

Don Vincenzo aveva preso sul serio questo compito della vicinanza ai malati. La sua presenza era benedetta più di quella del medico, perché insieme al conforto morale e spirituale, sia al malato che  ai familiari, portava viveri o li faceva arrivare, e lasciava denaro. Nella maggior parte dei casi, infatti, la malattia era causata da malnutrizione e quand’anche ci fossero state le cure, non venivano neppure prese in considerazione per la mancanza di denaro.

I pochi studi che il sacerdote aveva fatto, anche se non direttamente nel campo sanitario, e l’esperienza acquisita nelle visite ai malati gli avevano dato gli elementi per poter fare a volte anche delle approssimative diagnosi, che in assenza del dottore, rassicuravano o diventavano indicazioni per il malato e i familiari.

Rileggendo le tUNZIONE-INFERMIestimonianze che raccontano delle visite di don Vincenzo ai malati, ritroviamo tutti questi elementi. Non era una iniziativa al margine delle tante  che svolgeva nella parrocchia, ma era fondamentale nella vita della comunità cristiana. La malattia era vissuta come una prova da parte di Dio, ed era considerata uno strumento  provvidenziale per ritornare a Lui.  La parola e l’opera di don Vincenzo erano illuminanti perché aiutavano anche a superare il concetto che la malattia doveva essere considerata ineludibile e irreversibile e una disgrazia inevitabile per la famiglia. Per questo don Vincenzo, organizzò la società di Mutuo Soccorso, una previdenza sociale privata, a scopo di sostegno mutuo, appunto, sia per la cura  dei malati che per il sostentamento delle famiglie.

Vista così la sua attenzione ai malati potrebbe essere considerata prevalentemente di carattere sociale e umanitario, ma ci raccontano i testimoni che lo scopo principale delle sue visite era quello di non lasciare senza il conforto dei sacramenti nessuno dei malati; soprattutto di fronte alla gravità non si sottraeva dall’andare anche di notte al  loro capezzale per portare il Viatico e non intraprendeva viaggi se sapeva di malati gravi in paese. Per molti fedeli la presenza del sacerdote nella malattia, soprattutto grave, era il kairòs per ritornare al Signore e morire riconciliati con Lui nella speranza del Paradiso.

Nelle case dove c’era un malato, insieme alla premura e alla sollecitudine di don Vincenzo entravano  sempre l’Eucarestia e l’Unzione degli infermi, tutte salutari terapie «per l’anima,  il corpo e il cuore umano».

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  1. Grazie di cuore alle sorelle che condividono su questo blog l’eco che suscita in loro la lettura dei post. E’ una ricchezza che, proprio perché condivisa, si moltiplica e, secondo quanto si afferma nel documento “Vita fraterna in comunità”, alimenta e accresce la comunione. Infatti: “La comunione nasce proprio dalla condivisione dei beni dello Spirito, una condivisione della fede e nella fede, ove il vincolo di fraternità è tanto più forte quanto più centrale e vitale è ciò che si mette in comune” (da “Vita fraterna in comunità” n. 32).

  2. Grazie degli articoli sempre nuovi… Noi li leggiamo volentieri così ravviviamo alcuni aspetti della vita del nostro Santo e con la sua intercessione speriamo di imitarlo. Grazie di cuore del bel servizio .Suore di Viadana.