La Porta santa e le porte di san Vincenzo Grossi

In questo inizio di Giubileo straordinario della Misericordia è stata data molta enfasi e molta considerazione alla apertura delle Porte Sante.

Infatti, per la prima volta nella storia dei Giubilei, sono state aperte Porte Sante della Misericordia in tutto il mondo, presso le Cattedrali e i santuari di particolare importanza, non solo per il significato spirituale in sé ma anche perché frequentati da molti fedeli.

L’immagine della porta spalancata richiama con immediatezza le braccia aperte del Padre che accoglie il figlio di ritorno a casa e le braccia di Gesù inchiodate sulla Croce che in quel gesto perpetua nei secoli la misura del suo amore per l’umanità.

Anche la canonica di don Vincenzo, a Regona come a Vicobellignano, aveva una porta speciale, benché  non  si possa definire santa; una porta che spesso rimaneva spalancata per la fretta dei ragazzi che la attraversavano, ma prima ancora perché il parroco voleva che tutti, avvicinandosi alla sua casa, potessero trovarla aperta.

La porta era aperta perché chi ne solcava la soglia avesse l’opportunità di poter vivere, una volta entrato in casa, relazioni di profonda umanità e di soda spiritualità. Don Vincenzo accoglieva i figli dei protestanti per la scuola serale e offriva  ripetizioni su materie scolastiche a quanti avevano abbandonato gli studi, si intratteneva a chiacchierare e a giocare con i giovani, ma soprattutto voleva che lì, in casa sua, avessero la possibilità certa di essere al sicuro dalle occasioni di peccato. DSC_0058 (640x488)Per questo, prima che i battenti della porta, don Vincenzo aveva aperto il suo cuore,  aveva accolto e abbracciato in una paternità spirituale che non aveva orari e non faceva distinzione, ogni membro della sua comunità.

Quella porta speciale non solo non si è mai chiusa, ma non è nemmeno rimasta l’unica. Si sono moltiplicate tante quante sono state le comunità delle sue figlie spirituali: le figlie dell’Oratorio.  uscita Coccinelle 31-10-10 003 (640x480)Le suore  secondo il progetto  di don Vincenzo dovevano eliminare ogni  impedimento all’incontro con le giovani bisognose, dall’abito alla vita separata: la casa delle suore doveva essere la casa delle giovani. Simbolo concreto e visibile  di un abbraccio e possibilità di sperimentare, quanto sia avvolgente e profondo quello di Dio Padre misericordioso.

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  1. Mentre leggo questo articolo mi viene spontaneo pensare al filo conduttore di quello che, come comunitá diocesana e parrocchiale, sarà il lavoro durante tutto quest’anno della misericordia e per i 4 anni a venire: “Una Chiesa di porte aperte… per ascoltare, perdonare, ridare speranza”. Come possiamo pretendere di avere una Chiesa dalle porte aperte, se all’interno dei gruppi che compongono la comunitá ci si chiude in se stessi? Se il servizio che si fa é personale, tutto a titolo personale??? E pensavo che insegnamento possiamo cogliere da don Vincenzo, per il quale la parola chiudere non esisteva.. e il lasciar aperto era per rendere più vicine, più umane, più calorose le relazioni interpersonali? Il gesto, il segno concreto di aprire le proprie porte ci spinge ad essere evangelizzatrici con spirito creativo.