I regali: business o dono

Il Natale è imprescindibile dal rito dei regali. C’è una serie di regole da rispettare con delle priorità:  preparare la lista dei destinatari, fissare il budget, scegliere i negozi dove fare shopping , organizzare i tempi per gli acquisti, che devono essere possibilmente utili e di valore, senza disdegnare quelli inutili e solo formali. Un vero e proprio business nel quale il marketing sfoggia tutte le sue armi segrete e persuasive.

Non si può negare però la dimensione umana ed emotiva di tale rito. Il regalo, infatti, normalmente coinvolge la persona nei suoi sentimenti più belli e quando lo si riceve produce emozioni positive. Insomma fare e ricevere regali è una catena di bene. L’equivoco in cui siamo caduti è che a Natale il regalo da segno della festa è diventato il protagonista della festa. Il Natale è, comunque, nel suo significato profondo la festa del dono gratuito: «Ci è stato donato un figlio» annunciano le antifone della Liturgia del Natale.

Sono state riempite parecchie  pagine con gli  aneddoti sulla liberalità di don Vincenzo, sui doni che faceva senza distinzione e misura. Erano tempi di stenti per la maggioranza  delle persone e la condivisione di un bene, la  solidarietà e il  sostegno nel bisogno erano l’unica forma di regalìa. I regali  come trendy  non esistevano nel costume sociale medio basso .

Soffermarsi ad elencare i singoli episodi che raccontano della generosità di san Vincenzo si rischia di banalizzare gesti  e iniziative che nelle sue intenzioni dovevano essere e rimanere anonimi e che non avevano nulla di eclatante perché era come restituire un credito a chi gli spettava di diritto: ai poveri.

PAO_2Don Vincenzo non riusciva ad accumulare denaro, perché prima ancora di riceverlo sapeva dove destinarlo , sicuramente per far fronte ad una necessità spesso impellente, nelle comunità da lui avviate. Lo stesso era con i beni in natura di cui si privava sistematicamente in favore dei suoi parrocchiani e delle suore e delle opere che svolgevano. 
Non era magnanimità la sua, ma la consapevolezza che i beni che lui possedeva a qualsiasi titolo o di cui veniva in possesso erano beni della Chiesa e alla Chiesa dovevano ritornare:  alle membra più deboli di questo Corpo Mistico.

Quelli di don Vincenzo  non erano pertanto regali ma doni: lui era solo un amministratore, fedele e saggio.

L’idea che soggiace ai regali è lo scambio – a natale infatti si parla di scambio di regali – sottintendendo una aspettativa e impoverendo in questo modo il gesto anche se bello. Ciò che ha impreziosito i doni di don Vincenzo, anche i più umili come  un paio di scarpe usate, o più insolito, come un cavallo cieco, è lo spirito evangelico con cui li ha compiuti:  «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

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  1. La bellezza dei regali risiede proprio nel poter vivere l’esperienza della gratuità, «dell’incondizionalità»: Ti faccio dono di qualcosa perché… sì, non ci sono motivi… San Vincenzo ci doni di allenarci alla gratuità, perché possiamo imparare a ricevere gratuitamente e donare gratuitamente.